La leggenda di Bassano 2018

La leggenda di Bassano edizione 2018: tre giorni di gara con più di 640 chilometri percorsi per più di 100 autovetture provenienti da 16 paesi ed un totale di 37 marche diverse. La parte del leone di questa edizione l’ha fatta l’Alfa Romeo con ben 11 esemplari al via, seguita a ruota da Bentley (10 vetture) e da Jaguar e OSCA che hanno schierato 6 vetture ciascuna. Al volante di questi gioielli senza tempo una nutrita truppa tricolore, erano 24 i piloti italiani partecipanti, in compagnia di 19 piloti inglesi, 6 americani, 1 neozelandese e, per la prima volta in gara, 1 pilota kazako. Tra i vip anche il due volte campione del mondo di rally Miki Biasion, al volante di una Barchetta Dallara in funzione di apripista.

Tre le tappe, con la prima di 180 km, da Bassano del Grappa a Bolzano, transitando per Asiago, il Lago di Caldonazzo, la valle dell’Adige e il lago di Caldaro.
Il 23 giugno si è corsa la seconda tappa di 320 km, più impegnativa e spettacolare, risalendo la Valle dell’Isarco fino a Chiusa, con il valico del Passo delle Erbe, la discesa in Val Badia fino a San Vigilio, raggiungendo Dobbiaco. Da qui la carovana ha proseguito su un bellissimo percorso all’ombra della Croda Rossa, sconfinando in Friuli fino a Sauris (dove è giunta con quasi 45 minuti di ritardo). Dopo la pausa pranzo, le vetture sono discese lungo la Val Cadore ed hanno risalito la Val di Zoldo. Un percorso durissimo che si è concluso ad Alleghe dopo un giro attorno al comprensorio del Monte Civetta. Il 25 Giugno terza e ultima tappa con partenza da Alleghe, transito a Sospirolo attraverso le Dolomiti Bellunesi e poi Feltre, base della risalita del Monte Grappa passando a fianco del Sacrario. Da qui la discesa a Bassano del Grappa per la tradizionale sfilata fino a Piazza Libertà.



Tra le tante bellissime vetture, c’erano dei veri gioielli:

▼ Ferrari 166 MM Touring Barchetta del 1950 (prima serie, 25 costruite, telaio 0034M); fu proprio l’avvocato Agnelli che, vedendola per la prima volta al Salone dell’Automobile di Torino, dichiarò “Ma questa non è una macchina, è una barchetta!”, riferendosi evidentemente alle eleganti linee degli scafi da diporto. Questa affermazione, raccolta dal giornalista Giovanni Canestrini, diventerà poi la denominazione tecnica di questa tipologia di auto. Questa 166, ha corso tre volte alla Mille Miglia (nel 50 e 51 pilotata da Paolo Marzotto, e nel 52 da Sergio Sighinolfi), poi passa per diversi proprietari e viene ricarozzata da Scaglietti nel 54 e dopo l'acquisto del suo attuale proprietario (1980) , è restaurata da Fantuzzi nel 91.






▼ Jaguar XKSS del 1957 Due dei sedici esemplari prodotti (quella con numero 101, targa MVC558, è il telaio 769), e qui condotte da alcuni piloti della nutrita truppa inglese. È la versione stradale della D-Type, realizzata sullo stesso telaio dopo il ritiro dalle competizioni della scuderia britannica. Inizialmente ne furono costruiti 25 esemplari, di cui però 9 rimasero distrutti il 12 febbraio 1957 in un incendio divampato negli stabilimenti Jaguar di Browns Lane.






▼ Aston Martin DB3S/2  (sn 118 targa RXK500)
Nell'inverno del 1952/53, fu presa la decisione di sviluppare una sostituta della DB3 relativamente pesante e sottodimensionata. La DB3S progettata da Willie Watson aveva un telaio accorciato ed alleggerito, sospensioni innovative, e la potenza del 6 cilindri 3 litri Lagonda fu portata a 210CV. Anche la carrozzeria venne ridisegnata (in tre stili successivi) e venne introdotta la calandra dal caratteristico disegno. 

La vettura qui fotografata, numero di telaio 118, è una delle 20 auto destinate ai privati che l’Aston Martin produsse in seguito al successo delle macchine da corsa (furono 11). Fu ordinata nel marzo 1956 dall'olandese Hans Davids. Originario di Rotterdam e già campione nazionale di motociclismo, aveva corso con successo con diverse varietà di auto, tra le quali anche una Jaguar C Type. Con la DB3S, Si presentò a Goodwood nel 56, classificandosi terzo su due gare, con la vettura verniciata in arancione come di consueto per contraddistinguere la nazionalità olandese (su un carrello anch’esso arancione). Due mesi dopo riuscì ad ottenere dall’Aston Martin la fornitura della testata cilindri a doppia accensione, solitamente installata sulle macchine ufficiali. Il motore è rimasto invariato fino ad oggi. 

Nel 56  Davids partecipò a numerose competizioni a Silverstone, Goodwood e Spa, ottenendo un primo e secondo posto nella sua pista di casa a Zandvoort. Ripeté la sua vittoria nel 1957 e scelse quel momento per ritirarsi dalle corse, vendendo l'auto al capitano Paul Hyatt della US Navy che dopo averla portata negli stati uniti, la utilizzò in qualche gara fino al 1958. L'auto fu poi venduta a Joe Lubin, che la tenne fino al 1965, quando passò al suo quarto proprietario. Questo era Richard Felt che concordò un pagamento a rate per 75 dollari al mese, e tenne l'auto per 28 anni fino alla sua morte nel 1992. Quando fu acquistata da Chris Salyer, l'auto era stata parzialmente restaurata e portata al metallo nudo. Dopo un certo periodo, venne completata e verniciata con la livrea a strisce blu e premiata con un secondo posto di classe al famoso Concorso di Pebble Beach.

Oggi è nella sua classica livrea racing-green, con un piccolo omaggio alle suo origini olandesi: la cornice della calandra è infatti di colore arancione







▼ Alfa Romeo 8C 2300 Le Mans del 1932 (numero 18), proveniente dai Paesi Bassi. Forse una delle più famose vetture prodotte dalla casa del Biscione, questo modello dominò incontrastato la 24 Ore di Le Mans tra il 1931 e il 1934. L’esemplare che ha partecipato alla Leggenda di Bassano è proprio uno dei quattro modelli vincitori di quegli anni, portato al successo nell’edizione del ’32 da Luigi Chinetti e Raymond Sommer.


▼ Alfa Romeo 6C 2500 SS Corsa Spyder







▼ Cisitalia 202 SMM “Spider Nuvolari”
La Cisitalia 202 Mille Miglia venne progettata da Savonuzzi, che si avvalse della galleria del vento del Politecnico di Torino per curarne l'aerodinamica. La piccola sportiva italiana, secondo le direttive di Piero Dusio, doveva essere estremamente leggera e filante per sfruttare al meglio la modesta potenza del motore (FIAT 1100, 4 cilindri in linea, 75CV per 175km/h). Nel marzo del 1947 uscì il primo esemplare costruito da Vignale su telaio tubolare e carrozzeria in alluminio (per un peso totale di appena 730kg).

Nuvolari, reduce di una malattia non diagnosticata, si presentò comunque al via della Mille Miglia del 47 con la 202 SMM, ma gli venne affidata una delle vetture meno performanti. Nonostante questo, con grande determinazione tipica del campione mantovano, a Padova era già sesto e a Roma giunse primo assoluto. Poi, a causa di un ritardo di mezz'ora dovuto ad un guasto meccanico, Nuvolari ripartì all'inseguimento dell' Alfa Romeo 8C 2900 di Biondetti, tagliando il traguardo a Brescia secondo assoluto, dopo aver recuperato ben 14 minuti. Il secondo posto più leggendario di tutti i tempi!

Quello con cui vinse Nuvolari era l'unico prototipo costruito e venne denominato 202 Mille Miglia Spider Nuvolari, in onore di quella storica impresa, era riconoscibile dagli altri esemplari per il doppio parabrezza anteriore e per le pinne posteriori di maggiori dimensioni.Ne furono realizzati circa 20 esemplari. Ad oggi ne sono sopravvissuti solo 10







▼ La Talbot 105 Sport del 1931 (numero 14). Evoluzione sportiva della Talbot 15/45HP, da cui erano già nati i modelli 75 e 90. Nel 1931 questo esemplare arrivò al terzo posto assoluto con la squadra ufficiale Talbot nella 24 Ore di Le Mans.











▼ Una delle 31 costruite e completata all'inizio del 1955, questa Ferrari 750 Monza (Telaio 0496M) fu venduta al marchese spagnolo Alfonso de Portago, con la quale gareggiò a Sebring ed alla 9 ore di Goodwood (con Mike Hawthorn come co-pilota) I migliori risultati arrivarono a Nassau dove vinse il Governor's Trophy. L’auto fu poi venduta negli Stati Uniti dove i successivi proprietari la usarono fino al 1960. Nel 62, il motore fu sostituito da un V8 Chevy, e poco dopo la macchina ebbe un incidente stradale a Kansas City. Durante gli anni 70, fece parte di una collezione francese e fu parzialmente restaurata con un motore di una Ferrari Mondial 500 (portato a 3 litri di cilindrata) e disputò una sola gara al Nurburgring nel 74. Alla fine degli anni '80, divenne parte della collezione Dubbini di Padova, e all'inizio del 2000, venne acquistata per un valore di 700 mila dollari, dall’attuale collezionista spagnolo Josè Maria Fernandez, che ha completato la fedele ricostruzione, applicando perfino le fiamme sulla calandra, usate da Alfonso de Portago al suo debutto a Sebring.



















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